Il gusto del tempo e la fortuna degli Autori: 

Giovan Battista Marino.


di Federico Rossi


Spesso si commette il gravissimo errore di valutare il passato con gli "occhi" dei moderni, ossia senza abbandonare il filtro ideologico del nostro moderno sistema di valori. Il che è vero tanto da un punto di vista storico (e di conseguenza spesso, ahimè, politico), quanto da un punto di vista di giudizio artistico sugli autori del passato. Quanto spesso si sente dire, riguardo a un autore dalla fortuna postuma, che era "avanti rispetto al suo tempo"? O quanto spesso si elogia la "modernità" di questo o quello scrittore o artista? Questo accade perché tendiamo inevitabilmente a considerare i nostri valori, o il nostro gusto, come quello giusto, e quelli diversi come sbagliati. Per quanto sia una tendenza comprensibile, che il lettore se ne guardi bene quando analizza un testo!

Anche i valori che noi riteniamo fondamentali e più giusti non sono universali, in passato sono diversi e inevitabilmente cambieranno anche in futuro. Si pensi a un fatto che tendenzialmente tendiamo a dare per scontato: ad esempio, quello secondo cui l'originalità è una cosa bella e meravigliosa, e allora critichiamo le opere che assomigliano troppo ad altre, ed elogiamo quegli autori che riescono a portare delle novità.

Anche questa semplice concezione ha una origine estremamente moderna: per la maggior parte della Storia dell'umanità, gli autori si sono copiati a vicenda senza alcun pudore, replicando per filo e per segno tematiche e argomenti. Un esempio valga per tutti: Boccaccio, nel Filostrato (un poemetto che narra una vicenda amorosa con sullo sfondo la guerra di Troia) riprende una vicenda narrata nel duecentesco Roman de Troie, ed il Filostrato è a sua volta copiato per filo e per segno da Geoffrey Chaucer, uno dei padri della letteratura inglese, nel Troylus and Cryseide. Noi oggi storceremmo il naso: all'epoca, era normalissimo e apprezzato, giacché lo stile contava quanto e forse più dell'idea originale, esattamente il contrario di adesso, specialmente nelle arti figurative.

Ora, se il gusto e i valori sono soggetti a tali mutamenti, non stupisce che la fortuna delle opere possa avere rapidissimi e tremendi mutamenti, non solo in meglio: per ogni autore misconosciuto in vita e oggi apprezzato, ve ne sono dieci in passato celeberrimi e caduti completamente nel dimenticatoio.

In questo articolo si intende ripercorrere la storia, a titolo di esempio, di uno di questi: Giovan Battista Marino.

Se questo nome non suscita nel lettore alcun ricordo, si senta pure egli scusato: persino nei più imponenti manuali scolastici non gli sono dedicate che poche pagine, e di malavoglia. Eppure, al suo tempo (a cavallo tra XVI e XVII secolo) egli fu considerato forse il poeta più grande, influenzando lo stile della letteratura in tutta Europa fino alla fine del secolo diciassettesimo (per fare un confronto anacronistico, pensate ad un cantante che sia famoso come i Beatles, i Queen e i Pink Floyd messi assieme). Nato a Napoli, dopo una gioventù travagliata (finì in carcere forse due volte), si trasferì prima a Roma, poi a Torino, e infine a Parigi, all'epoca capitale culturale del mondo, dove ebbe lo smodato successo poc'anzi accennato. Tra le sue opere principali, la Lira, la Sampogna (di argomento pastorale, allora assai in voca), e l'imponente poema l'Adone, in 40.000 versi (per farsi un'idea, la Divina Commedia ne conta "solo" 14.233). Per fare un rapido ancorché insufficiente quadro della situazione letteraria, l'ambiente in cui Marini vive è esattamente a cavallo tra rinascimento e barocco - anzi, si può ben dire che l'inventore della poesia barocca sia stato Marino stesso. Era appena finita la florida stagione dell'Umanesimo, dove, cercando di recuperare lo stile dei classici, si cercava una poesia pulita, armoniosa, razionale, lontana dagli eccessi e con richiami agli stilemi latini, il che in sintesi si traduce in tre secoli di imitazione del Petrarca: Marino fu dunque per la poesia paragonabile (pur con tutti i distinguo del caso) a quello che il manierismo fu per le arti figurative. Una poesia che, abbandonata la volontà di razionale armonia, puntava sulla "maraviglia", sullo stupire il lettore, con metafore ardite, al limite del concettoso, giochi di parole e antitesi. Con parole sue:

"È del poeta il fin la meraviglia

(parlo de l'eccellente, non del goffo):

chi non sa far stupir, vada a la striglia."

Questa sua concezione si sposava benissimo con la cultura barocca: ma come si è sopra enunciato, il gusto muta rapidamente, e col secolo dei lumi giunse anche il neoclassicismo, e la fortuna di Marino si spense. Il Settecento elogiava la ragione e il gusto classico, e certo non poteva vedere di buon occhio una poesia tanto concettosa e priva di armonia. Fino all'ottocento, nessuna critica organica sarà dedicata al Marini, e anche nel romanticismo, o lo si criticava (come fece il De Sanctis), o lo si leggeva in modo superficiale: tornando al discorso dell'importanza del filtro ideologico dell'epoca in cui si vive, nell'Ottocento uno dei valori principali era quello nel nascente nazionalismo, e quindi anche il Marino viene letto, ad esempio da Luigi Settembrini, come il sintomo di un periodo di decadenza di un'Italia che nel Seicento era asservita allo straniero. È lo stesso problema di cui sopra: leggere un'opera del passato con gli occhi dei valori moderni. Molto probabilmente, al Marini dello stato politico dell'Italia del Seicento poco importava, essendo egli stesso cortigiano del Re di Francia.

Insomma, il lettore avrà inteso dove questo articolo intende andare a parare: il valore di un'opera non è intrinseco. Non esiste un bello e brutto in senso assoluto: queste parole assumono importanza solamente in relazione con un gusto. Noi oggi elogiamo le grandi cattedrali gotiche come Notre Dame: nel Settecento illuminista le consideravano brutture medioevali. E quindi non ha senso criticare il passato con gli occhi dei moderni. Il Marino non piace più? Opinione legittima. Ma non per questo bisogna disprezzarlo o ritenere che la letteratura barocca sia inferiore alla moderna solo perché il gusto è differente. D'altronde, lo stesso poeta non si crucciava poi troppo per le critiche, godendosi in pace la fama e il successo. Con le sue parole, rispondendo a chi lo accusava di mancare di regole formali:

"Intanto i miei libri che sono fatti contro le regole si vendono dieci scudi il pezzo a chi ne può avere, e quelli che son regolati se ne stanno a scopar la polvere delle librarie".

Con buona pace dei detrattori.


Fonti: www.wikipedia.com  -  www.culturificio.org  -  www.baroque.it  -  G.B.Marino-opere varie

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